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Diottrie, gradi e decimi: la terminologia oculistica

Quando si parla di lenti oftalmiche e di lenti a contatto è comune confondere alcuni termini oculistici che però non sono uguali tra di loro come le diottrie e i gradi o i decimi. Vediamoli...

Quando si parla di lenti oftalmiche e di lenti a contatto è comune confondere alcuni termini oculistici che però non sono uguali tra di loro come le diottrie e i gradi o i decimi. Vediamoli nel dettaglio.

Diottrie e gradi: occhio a non confonderli!

La diottria è l’unità di misura del potere di rifrazione di un sistema ottico o di una lente.

La gradazione delle lenti a contatto o di quelle degli occhiali è espressa attraverso la diottria, ossia l’unità di misura che indica il potere refrattivo delle lenti o lentine e la capacità che queste hanno di modificare il percorso della luce.

A seconda del difetto visivo che manifesta il paziente, le diottrie possono essere positive (ipermetropia), negative (miopia) o toriche (astigmatismo) e vengono usate per specificare la quantità della compensazione delle ametropie. Per questo motivo, più elevate sono le diottrie e più è forte e potente una lente.

Un occhio che non presenta alcuna anomalia visiva può essere paragonato a una lente con un potere di 59 diottrie. Questo perché si sommano le “lenti” naturali nell’occhio (il cristallino e la cornea). La cornea nello specifico ha un potere fisso di 40 diottrie mentre il cristallino (che può variare per la messa a fuoco da vicino) ha 19 diottrie quando si guarda all’infinito.

Spesso, tuttavia, nel linguaggio comune il termine diottria viene impropriamente usato al posto di grado.

Il grado, infatti, è un termine utilizzato per parlare di correzione dell’astigmatismo. Le lenti da usare in caso di astigmatismo sono cilindriche, al contrario di quelle per la miopia, l’ipermetropia o la presbiopia che sono sferiche: con i gradi in questo caso si esprime l’orientamento dato alla lente, nello specifico l’inclinazione delle lenti rispetto a un asse (se montate in modo verticale l’asse sarà a 90°, in modo orizzontale a 180°, negli altri casi avranno invece gradi intermedi).

Come si misura l’acutezza visiva?

Un altro dilemma che ricorre spesso nel linguaggio oftalmico è il decimo, l’unità di misura dell’acutezza visiva (Visus), adottato e usato in Italia.

L’acutezza visiva indica quanto piccole possono essere le immagini per essere viste in modo corretto da una persona ed è misurata usando l’ottotipo, una speciale tabella che presenta lettere e numeri disposti su righe e di dimensione decrescente man mano che sono posti nella parte bassa della tabella.

La tabella di Snellen
L’ottotipo è una rappresentazione grafica di lettere o simboli, utilizzati per determinare l’acutezza visiva.

Durante una visita specialistica, al paziente viene chiesto di leggere alcuni di questi segni per verificare il potere visivo dei suoi occhi.

Convenzionalmente, la visione di un occhio sano e privo di difetti visivi è fissata a 10/10 decimi. Se, ad esempio, si hanno 8/10 significa che si è in grado di leggere fino all’ottava riga dell’ottotipo. Può capitare, anche se raramente, che una persona abbia un visus superiore ai 10/10.

Nel caso in cui l’acutezza visiva sia misurata senza lenti, si usa l’espressione visus naturale, altrimenti si parla di visus corretto.

É importante specificare che i decimi non indicano in alcun modo il potere delle lenti, che viene espresso invece in diottrie: non si può ricavare un parallelo tra i due dati, ad esempio, infatti un paziente può avere 7/10 ma una miopia di 1 diottria. Detto in altre parole, i decimi esprimono le capacità visive di una persona, mentre con le diottrie il potere che le lenti devono avere per compensare il difetto visivo in questione.

Risulta quindi indispensabile conoscere la terminologia e non confondere diottrie e gradi o decimi.

 

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